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Il Nero
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Riflessioni estemporanee su ciò che è e ciò che sarebbe il Nero.
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Il Nero può essere interpretato come assenza di tutto, il vuoto; o, pensando alla luce, assenza di colori. A suo modo il Bianco definire la pienezza o, sempre in riferimento alla luce, la somma di tutti i colori.
Non dovremmo però limitarci a vedere, in considerazione a questi due elementi, o non colori, un semplice dualismo e, conseguentemente non limitiamoci neanche a rappresentare il male con il nero e il Bene con il bianco, altra semplificazione simbolica a mio parere semplicistica.
Questi rappresentano, come ogni cosa qui nel Tempio, una simbologia e come tale è giusto che sia sottoposta a più forme di interpretazione, anche soggettive (si badi bene,non per questo devianti rispetto all’essenza dei significati che con essi si vorrebbero trasmettere). Perchè il simbolo affinché venga capito e assimilato, deve essere fatto proprio, interiorizzato, applicato alla propria vita e declinato secondo il proprio essere massone.(E a questo proposito ci si ricordi che si è massoni più al di fuori delle mura del Tempio, che al loro interno, durante le nostre periodiche Tornate).
E allora, ritornando brevemente all’interpretazione di questi due non colori come assenza di colore e somma di tutti i colori, ne deriva che il nero e il bianco, insieme costituiscono la totalità. Una totalità questa che esprime la sua complessità nell’impossibilità dell’unione di questi due non colori che possono rappresentare di fatto l’intera gamma dell’esistenza, a partire da tutti i colori che compongono il bianco, passando per le più complesse sfumature tra il bianco e il nero, che di fatto sono unione di tutti i colori con minor saturazione, fino ad arrivare all’assenza di qualsiasi degli elementi che in tutti gli altri casi andavano a formare una delle precedenti sfumature di colore o di bianco/grigio.
Ecco che allora il bianco + il nero nella loro assurda impossibilità ad essere rappresentati come l’unione dei due in un unico elemento, sono forse una delle simbologie più semplici da trovare anche al di fuori di questo luogo inn cui siamo ora riuniti, ma più complesse da studiare, comprendere e fare proprie. Perchè la somma del tutto + il niente, come stati possibili di materia, anima e spirito, è maggiore dei soli stati di esistenza di questi ultimi, già per altro infiniti.
In questa visione, lo strumento che ci è dato per cercare di comprenderne la complessità è l’astrazione al di fuori di questi stati di esistenza e non esistenza, di tutto e nulla. Questa astrazione, il guardare da fuori è proprio rappresentato dallo spazio tra una piastrella e l’altra.
Le vie di fuga tra un bianco e un nero esprimono allora un procedimento di indagine, un metodo di studio, un percorso di ricerca, una visione astratta, dall’alto di ciò che esiste nelle sue varie forme e ciò che non è più, permettendoci di analizzare, tanto vicino al bianco quanto vicino al nero, la molteplicità degli stati, il vero Tutto, ovvero quello che comprende anche il Nulla.
Altra semplificazione che, pur rappresentando una raffigurazione puramente schematica e a servizio di ragionamenti più profondi, è talmente radicata da poter limitare in qualche modo alcune forme di pensiero legate a questa simbologia è il legame stretto per il quale il Bianco (somma del tutto) sia bene e il Nero (ovvero la più pura assenza) sia all’opposto, male.
È bene ricordare come il vuoto sia inteso da molte filosofie (e mi piace mantenere il termine filosofie più che quello di religioni), soprattutto di influenza orientale, come il punto di inizio per il raggiungimento di un compimento spirituale che ci aiuti ad avvicinarci ad una comprensione non più limitata della Vita.
Si tende al niente per poter comprendere il tutto. Il vuoto dentro di sé è condizione indispensabile per la ricerca della pace.
D’altronde, senza dover andare fino in estremo Oriente, nello stesso Cristianesimo, la via dell’asceta, del pellegrino, del monaco, dell’eremita (e qui i Tarocchi diverrebbero altra questione di interesse sul tema) è quella che prevede di spogliarsi di tutto per poter porre la propria attenzione su ciò che davvero conta. E viene a questo punto quasi scontato ricordarsi come noi tutti qui presenti, per poter essere ammessi a questo grande privilegio, che è l’ingresso fisico nel Tempio in cui ci troviamo ora e in quello più intimo e interiore di cui solo noi conosciamo l’ingresso e a cui facciamo visita tutti i giorni della nostra vita, siamo stati spogliati di ciò che ci appesantiva, per poter avere la possibilità di rinascere, abbandonando ciò che si è lasciati dietro quella porta.
Tutto questo, e concludo, per sottolineare come il simbolismo sia una via di apprendimento molto più complessa di quello che potrebbe sembrare fino a quando non ci si avvicina ad essa, ma contemporaneamente anche molto più potente, in quanto non rappresenta un insegnamento lineare, ma fornisce delle chiavi che, a seconda delle serrature che gli vengono costruite intorno, ha la capacità di aprire porte sempre più profonde per l’uomo di desiderio che è disposto a proseguire nel cammino.
È in questo senso che allora il pavimento a scacchi non è la semplice rappresentazione di un cammino tra il bene e il male, quanto più la consapevolezza di questi due stati opposti come gli estremi ultimi delle svariate ed infinite possibilità di sfumature che ci sono tra di essi.
Ringrazio il Venerabile per l’ispirazione che ha generato in me questa Tavola, a riprova del fatto che spesso, prima di guardare in Alto, vale sempre la pena posare gli occhi in Basso.