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Memorie postume di vita

passata presente e futura

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MARTEDÌ 20 AGOSTO 2013

Non bisognerebbe mai interrompere la visione di un film, eppure lo faccio sempre, come adesso…Chi ha detto che non bisognerebbe farlo in fondo?

 

Il mio film preferito è Striker. Il mio film preferito di stasera è Striker. Ne ho visto solo uno, ma è lui il mio preferito; di stasera s'intende.

 

Non voglio stare qui a scrivere più di quello che mi sento. le parole devono venire così, naturali. Adesso forse mi sto già sforzando un poco di farle uscire..eppure sto continuando. Che sia un'illusione? Ma qual è l'illusione? Quella di stare ancora scrivendo o quella di sforzarsi a scrivere. Potrebbero essere entrambe o nessuna, nulla cambierebbe…E allora perchè notarlo, perchè? Per scrivere forse..No.

 

Questa musica mentre scrivo, sembra un film davvero. e Piove, lo so, in realtà no, ma io sento che piove..e un pianoforte..e uno di quei pad anni '80 che mi piacciono tanto. Un deelay, un temporale, delay senza due "e"..

Basta per stasera, magari ci vediamo dopo. 

 

E' tutto quello che sono o quello che penso per non essere quello che scrivo.

Era proprio un bel film, ho scaricato anche la colonna sonora, magari la ascolterò in un futuro lontano, chissà. Nell'attico di qualche grattacielo a New York quando essere veramente ciò che si è non avrà limiti e ognuno potrà sembrare più strano di ciò che ci si immagina.

 

Credo mi manchi qualcosa. Beh, in effetti qualcosa mi manca, o che sia io che manco a qualcosa?

 

DOMENICA 9 MARZO 2014

L'umanità si ciba della propria imperfezione. L’apprezza, la divora, la innalza, la persegue, se ne ciba. L'umanità vive della propria imperfezione, la ricerca non trovandone mai abbastanza dentro di sè.

E contemporaneamente cerca di tendere alla perfezione. Quella perfezione in cui non vuole in nessun modo che vi rientri la propria imperfezione, vero nocciolo di quell'aspirazione.

Inconsapevolmente si punta ad un livello che è in realtà costituito interamente di imperfezione, difetti, l'anima della genialità, l’elemento che fa della specie umana la razza (im)perfetta.

...e se Picasso avesse dipinto i volti come siamo soliti vederli?

Se Van Gogh avesse disegnato quei girasoli nella sua stanza colorandoli con la loro reale luminosità, con quelle spente sfumature di giallo?

La perfezione, questa ricerca malata verso qualcosa che neanche si conosce è un semplice pretesto. Un pretesto che permette di sfornare ogni giorno della nostra vita un piccolo gioiello di imperfezione, di cui andiamo fieri per i primi attimi, poi cerchiamo subito di migliorare, perchè non abbastanza adatto pensiamo noi....o forse perchè non abbastanza imperfetto?

 

La verità, la mia piccola verità, è che l'uomo non tende alla ricerca della perfezione, quanto più alla ricerca di un'innata imperfezione, senza la quale nessuno di noi si sentirebbe davvero vivo.

 

 

LUNEDÌ 23 GIUGNO 2014

Accetta le cose che non puoi cambiare, se non puoi cambiarle.

SABATO 16 AGOSTO 2014

Sentirsi terribilmente insoddisfatto, infelice, solo in certi momenti della propria vita.

Alternare momenti di primordiale euforia con altri in cui tutto diventa biaco e nero, inspiegabilmente.

Sentire quando qualcosa sta per andare male è forse molto peggio di non saperlo.

Essere tormentati da pensieri, immagini sbiadite, progetti pesanti e così poco in equilibrio.

Volersi sommergere di persone quando in realtà mai si è stati inclini a parlare. e...

Chissà cosa succederà...

 

LUNEDÌ 8 SETTEMBRE 2014

...non vorresti entrare nel buio, buttarti  là in mezzo semplicemente perchè non sai cosa c'è al di là? Farti venire i brividi sulla pelle, sentire l'odore del vento...gli occhi bruciano, lacrimano, ma la mente vola; tu sei ancora lì, ma lei sta viaggiando a velocità supersoniche per raggiungere quello che il tuo corpo mai sarà in grado neanche di sfiorare...stringi la mano e ne trovi un'altra che sta facendo lo stesso. Siete nello stesso viaggio, la mente o il corpo? non fa più alcuna differenza.

 

 

LUNEDÌ 22 SETTEMBRE 2014

Canti magnetici di libellule sospese nel vento solare

LUNEDÌ 1 AGOSTO 2016

E ogni tanto ci pensi. Pensi in quell'attimo e tutto si ferma. Quella manciata di secondi diventano minuti, e alle volte quei minuti ore.

 

Pensi che noi esseri chiamati sulla Terra per vivere, trascorrere un'esistenza breve, ogni giorno passiamo il nostro trempo a lottare. A lottare con chi siamo, con chi vorremmo diventare, a chiamarci per nome, a rincorrerci, ad allontanarci per poi pentircene, il più delle volte.

Lottiamo perchè vorremmo essere sempre diversi, mutare le forme nello spazio e nel tempo, trascrivere la nostra esistenza su altri pianeti, ascrivere le nostre forme in pietre secolari che il tempo non riesca a modellare. Aspiriamo a modelli perfetti, accorgendoci sempre troppo tardi dell'immanenza dell'imperfezione. Quella che non riusciamo a comprendere, quella a cui non proviamo neanche ad avvicinarci. E il tempo passa in questa vita, e noi cambiamo, mutuando i cambiamenti in base alle nostre inclinazioni solari e lunari...stellari. Se mai ci fosse qualcuno che ne capisce qualcosa, a vederci così parremmo saltellare a destrae a sinistra, e poi un po' più a destra, e poi un po' più a sinistra. Miserabili pulci in cerca di un angolo caldo che ci faccia sentire a casa in questa gelida immensità in cui tutte le dimensioni non sono altro che un grande interrogativo fisico.

Dove si cerca quella felicità a cui tanto aneliamo, dove si compra quella polvere magica venuta dalle stelle? Qual è la nostra anima gemella, la nostra perfetta metà, o anche solo il nostro perfetto quarto?

Perchè ci si chiede perchè e invece semplicemente non si vive, non si continua a vagare senza pensieri in questa immensità perpetua?

 

Se la vera felicità, quella permanente, quella profondissima sensazione di calore che sembra drogarci di luce multicolore non esiste, perchè allora esiste la sensazione di profondo freddo, vuoto cosmico, nero pece, che ti svuota e non ti permette di respirare? E' questa la vera tristezza? Perchè se così fosse l'eterno equilibrio delle simmetrie immovibili subirebbe uno scompenso tremendamente particolare. Esisterebbe la vera tristezza e non la vera felicità...O forse nulla di tutto ciò è così come lo vediamo, come si cerca di descriverlo. Forse neanche questa è la vera tristezza; o forse la vera felicità è proprio quella intangibile ed effimera, perchè delle cose belle si può solo assaggiarne un frammento e non viverle per più di un attimo.Se così fosse l'amarezza del tutto parrebbe ancor più difficile da mandare giù.

Guardarsi agli specchi e aspirare a false divinità, avvicinarsi all'uomo come razza perfetta attraverso un individuo passeggero.

Pensare infine a tutto questo e affacciarsi ad una nuova vita, uguale alle mille precedenti.

GIOVEDI' 24 MAGGIO 2018

Se fosse così facile tenere un diario, o semplicemente scrivere con la costanza con cui uno mangia, cammina, respira, forse la soddisfazione di riprendere a farlo una volta che si è smesso per un po' di tempo non riuscirebbe a suscitare quella soddisfazione.

La soddisfazione di avere una pagina vuota e di poterla riempire con qualsiasi frase, parola, lettere, simbolo.

La libertà di costruirsi le proprie strutture, mentali, fisiche, concettuali, progettuali è proprio questa: l'assenza di un obbligo verso gli ALTRI. 

Sì, perchè questa assenza non è assoluta, e neanche ce ne si libera troppo facilmente. Gli obblighi si hanno e, nel momento stesso in cui uno crede di non averne, ecco che affiorano dal terreno della nostra testa, anche se siamo sicuri di avere fatto di tutto perchè questo non succedesse.

 

Gli obblighi verso noi stessi, gli obblighi che non ci vengono imposti dall'esterno, che nascono involontariamente, ma sono in realtà quelli da cui non si scappa. 

Perchè da quelli non si scappa mai. 

Non si possono ignorare.

Non ci si nasconde. 

Non si può mentire.

Sei tu con te stesso. Parli di te a te; ti racconti o meno tutto, già sapendo dove vuoi o meno andare a parare. E' un finto dialogo, tanto finto quanto necessario.

Parli con te dei tuoi piani, di quelle famose strutture, dei progetti che pianifichi da tanto e che forse ti rendi conto non essere ancora pronto per affrontarli, o per farli affrontare alle persone.

 

Quais sempre ti riconosci in te stesso. Quasi sempre. E quando non succede è tempo di confronto; quel confronto su quelle strutture.

 

Qualche anno fa avrei detto che fare progetti non serviva a nulla, tanto valeva buttare a caso delle parole su un foglio e gettarlo via, allo stesso modo quei piani si sarebbero realizzati.

Perchè la vita non la si può programmare, non la si può prevedere e sarà sempre lei a stupirci.

 

Forse si

 

Ma. Fare progetti significa iniziare a vivere i propri sogni, costruire quei primi elementi su cui un giorno, forse, qualcosa di più pesante si reggerà. Fare progetti è vivere una parte della nostra vita, come ci si potrebbe imporre di non farlo? Almeno con noi stessi, progettare costituisce il mezzo del nostro dialogo.

 

Ed ecco, la pagina piena di somboli e probabilmente terribilmente sterile nel contenuto. 

non è l'obbligo verso gli altri che deve spingere a far qualcosa, ma quello verso noi stessi.

SABATO 2 GIUGNO 2018

4. 

Il numero quattro.

Quattro.

Non sono mai stato amante di questo numero, ma è da un po' di tempo che esce il numero 4.

Quattro.

Pensaci, forse non è poi così lontano.

 

 

DOMENICA 3 GIUGNO 2018

Creare, essere produttivo.

pensare più velocemente di ciò che si riesce materialmente a fare.

Avere idee e scartarle. Riprenderle, evolverle, rivoluzionarle, scartarle, evolverle, accantonarle, ma solo per riprenderle qualche tempo dopo.

 

La paura del non fare abbastanza. La paura del non essere all'altezza.

La paura di non lasciare traccia di sè, anche se la consapevolezza di rappresentare il nulla come ogni altro nulla nell'universo è presente, palpabile, concreta.

 

Perchè voler dare forma ai propri progetti, aile proprie idee, ai propri desideri, se non si ha la pretesa di valere qualcosa?

 

Così tante idee, così poca conoscenza. E all'intelligenza? Chi ci pensa?

Quella si sa, è cosa per altri. Un metro di giudizio atto al confronto degli uni nei confronti degli altri.

La voglia di fare, la voglia di imparare. La fatica dell'essere sempre in ritardo, su tutto.

Il bisogno di scappare, ma da se stessi non si scappa e questo non si riesce proprio a capire. A comprendere, a rassegnarsi.

 

GIOVEDI' 21 GIUGNO 2018

Caos controllato. Aumentare il livello di disordine circoscritto all'area fino a raggiungere un caos delimitato nei suoi limiti.

Godersi la situazione di caos controllato essendo consapevoli dell'impossibilità di trapasso di quest'ultimo al di fuori delle barriere imposte dal sistema stesso in cuiè stato inscritto.

Definirne i limiti per poter lasciare incntrollato il suo sviluppo.

senza limiti limitati al contensto di libertà definita in principio.

Godere della propria libertà rimanendo in un recinto controllato della mente, una realtà chiusa all'esterno, uno spazio privato per creare, per pensare, per lavorare.

Un piccolo bvuco nero racchiuso da una cornice anonima, insospettabile, indifferente.

Mantenere il basso profilo per esplodere dentro, creare in uno spazio infinito, quele caos incontrollato all'interno dello spazio di controllo, per poter fornire il materiale infinitamente espanso all'interno di lunghezze misurabili.

Dimensioni infiniti in dimensioni contenute, misuraabili, gestibili.

Costruirsi la propria realtà all'interno del buco, quella realtà scomoda che per nessun motivo potrebbe essere accettata in altro modo, ma necessaria per comunicare un concetto, un principio, una volontà, altrimenti inesprimibile perchè troppo grande, non misurabile.

Crearsi il non-spazio all'interno di uno spazio.

Essere capaci di farlo in silenzio.

MERCOLEDI' 1 AGOSTO 2018

La Natura e L'Uomo.

Ciò che è naturale e ciò che è artificiale. Artificiale come fatto dall'uomo, che non deriva direttamente dalla natura.

Ma se ciò che è fatto dall'uomo si definisce artificiale, e quindi 'non naturale', l'Uomo, che è fatto dalla Natura, come si definisce, e cosa non è?

Artificio: "Uso dell'arte per ottenere fini determinati, quindi abilità, maestria".

Ciò che è fatto dall'Uomo è artificiale, forgiato attraverso la maestria nell'uso dell'Arte. Ciò che è fatto dalla Natura (e quindi anche l'Uomo) che cosa è? Attraverso quale opificio è stato creato dalla Natura?

 

Quindi la Natura, l'Arte e l'Uomo.

Arte elevata a strumento primo del fare dell'Uomo. Artè come la separazione dalla Natura di ciò che viene forgiato, costruito, inventato, pensato, prodotto dall'Uomo. Arte come atto di scissione da ciò che è naturale.

Eppure la Natura può essere arte...Anzi si sente spesso dire che la Natura sia l'Arte più bella. Un'arte non derivante dall'uomo, un'arte diversa, più elevata forse, un'arte che si riesce a distinguere da tutto ciò che invece deriva in modo diretto dall'essere umano.

Se qualcosa deriva direttamente dall'Uomo allora si dice che è Artificiale, non tanto umano, ma Artificiale.

Se qualcosa viene fatto dalla Natura allora la parola 'naturale' è spesso quella più corretta, quella più accettata, ma se la Natura può essere arte allora dovrebbe accettarsi anche che sia artificiale, perchè fatto con arte?

 

L'Uomo e la Natura, come se il primo non facesse parte della seconda. Visione antropocentrica? o semplice scissione di una categoria che ormai si è distaccata così tanto dal ceppo generatore che neanche quest'ultimo è più in grado di riconoscerlo o accettarlo?

D'altronde, pensandoci anche solo per un attimo, ciò che è Naturale è percepito come buono, piacevole, sano, incredibilmente positivo. L'Artificiale, al contrario, è qualcosa di estraneo, composto, costruito, oltremodo negativo.

Artificiale non è "fatto con Arte".

L'Arte prende allora forma come una sorta di demonizzazione dell'Uomo nei confronti della Natura. Ciò che è Articifiale risulta forzato, costretto, manipolato contro la sua natura.

Che sia forse il vero significato dell'Arte? Manipolare qualcosa contro la sua volontà perchè possa esprimere qualcosa che riesca ad andare al di là delle naturali sensazioni. Concetti, immagini, visioni, pensieri, stati d'animo vengono espressi con Arte, costringendo un mezzo a piegarsi al volere dell'Artista.

L'Uomo è allora Artista se crea, manipola, trasforma, piega al suo volere ciò che è Naturale, per trasformarlo internamente ed esternamente  e portarlo ad essere qualcosa che non era prima. Un processo di costrizione, fatto di passaggi, fasi, progetti nella mente dell'Uomo-Artista. Processi alchemici di trasformazione del Naturale in Artificiale. Un sacrificio per variare una forma in un'altra, secondo l?uomo capace in modo migliore di esprimere qualcosa che non è stato in grado di trovare in Natura, o che ha visto nel mondo Naturale, ma non è stato in grado di raggiungere. La mania della conquista, dell'assoggettare Umano si esprime nella sua più titale potenza con l'Arte. Il fare qualcosa d'altro, non Naturale, con strumenti forniti dalla Natura. La scissione è forte; i due mondi, Natura e Uomo e il mezzo per tutto questo, l'Arte.

SABATO 27 APRILE 2019

Mi piacciono le storie. Quelle in cui le persone sono sbiadite; quelle in cui ci si trascina la propria vita sperando in una fine o in un nuovo inizio.

Mi piacciono le storie sottili e silenziose, quelle in cui la speranza è un faro lontano nella tempesta. Quelle storie non urlano, semplicemente scorrono.

Mi piacciono le persone dagli occhi grandi che riversano la propria storia su quella degli altri. Amo trovare in qualcuno quel qualcosa che aggiunge una virgola alla fine di una frase.

Mi piacciono le storie tristi e le vite semplici. Mi piace rallentare e non accelerare, prendere fiato e non perderlo, ascoltare e sperare di essere ascoltato.

Sto cercando qualcosa che so esistere da qualche parte, un giorno, ma non so ancora quale sia la strada per raggiungerlo.Scivolare lentamente tra le esistenze, guardarsi intorno, dire tanti no e qualche sì, giusto quelli che avvicinano, e nessun altro più.

Vivere la propria vita senza il peso della propria vita.

Vivere la propria vita come uno zaino da riempire e non come uno già pieno che non si riesce  più a sollevare e portare sulla schiena.

Trovare un posto e occuparlo nella semplicità di una giornata senza fretta. Percepire che le cose si muovono, senza essere trascinati da esse_

 

MARTEDÌ 19 NOVEMBRE 2019

Non si allunga più la vita, ma si posticipa la morte_

 

 

MERCOLEDI’ 30 SETTEMBRE 2020

I soldi non fanno la felicità, ma i non-soldi fanno la non-felicità.

Perchè ci si ostina a dire che avere i soldi non rende felici?

È ovvio che sia così, ma esistono le condizioni necessarie e non sufficienti.

Non è deterministico che avere i soldi porti la nostra vita ad una soddisfazione in temini di felicità, quello che però mai viene sottolineato è che l’assenza di questi difficilmente possa portare a vivere all’interno della società odierna in una situazione di felicità a tuttotondo.

Perchè quando si parla di felicità, a meno che non si specifichi altro, ci si riferisce a quella; alla felicità generale, quella che c’è un po’ in tutti gli ambiti della nostra vita. Se si è felici per la propria famiglia, ma non per il proprio lavoro, e quest’ultimo ricopre nella nostra vita un ruolo più che importante, allora sarà difficile, se non impossibile definire la nostra vita “felice”.

 

I soldi non fanno la felicità, ma di sicuro aiutano a non preoccuparsi di talune preoccupazioni che ci portano per qualche strano motivo ad essere adombrati o preoccupati per qualcosa, e quindi a non essere felici.

 

Perchè poi, altro argomento è la felicità o la ‘completa felicità’. Come deifinire l’una e come l’altra?

La bellezza e la soluzione sta proprio forse nel non voler definire nessuna delle due.

Ognuno si vive la propria vita, c’è chi trova la felicità dopo aver vissuto incredibili sofferenze, e allora ha davvero forse trovato la ‘ vera felicità’ e c’è chi invece la ‘vera felicità’ non l’ha mai trovata e mai la troverà.

E quest’ultimo non potrà mai assaporare il gusto dolce e trionfante per due ragioni primigenie:

- ha sempre sofferto nella sua vita e mai gli è stata concessa l’alba di un avvento positivo,

- ha sempre vissuto una vita agiata e mai ha potuto vivere la conquista di una vetta che non gli è appartenuta.

 

In realtà poi di casi intermedi ovviamente ne esistono che neanche a stare qui ad elencarne le categorie principali, ma è bene focalizzarsi sul binomio soldi-felicità; perchè è di questo che si sta parlando.

 

Beh, la mia?

I soldi aiutano molto a togliere di mezzo i problemi superflui della vita. 

Superflui a tal punto che se ci sono danno talmente noia da offuscare gli obiettivi primari, e se non ci sono forse neanche te ne accorgi.

 

La questione allora diventa un’altra, forse ancora più importante:

Stai vivendo di problemi o stai vivendo di obiettivi?

Vivere di problemi vuol dire che il tuo fine è risolvere i problemi che ti si parano di fronte, uno dopo l’altro, provando soddifazione passo dopo passo. Vivere di obiettivi significa che il tuo sguardo è avulso dai problemi che ti si parano davanti, ma punta a qualcosa che sta al di là di essi, al progetto che hai davanti, alla statua che devi scolpire, al teatro che per te deve risuonare.

Vivere di obiettivi significa che non avere i soldi per avvicinarti ad essi è un po’ come l’essere tormentati da mosche insistenti che non fanno altro che posarsi continuamente su una parte del tuo corpo procurandoti fastidi. Le mosche non rappresentano il tuo problema da risolvere, ma il tuo momentaneo fastidio che ti distrae dal progetto che devi portare a compimento.

Se vivi di problemi quelle mosche sono il tuo punto di riferimento da risolvere fin quando un altro fastidio non diventa il tuo principale motivo di esistere.

 

Il problema quindi sono davvero i soldi?

Sì, sia che i soldi rappresemntino quelle mosche se vivo per i problemi, sia che i soldi rappresesentino quelle mosche se vivo invece di obiettivi.

Cosa cambia allora?

Cambia che se vivo la mia vita per risolvere i problemi, allora la mia mancanza di soldi rappresenta, almeno fin quando non ho risolto quel problema, la mia ragione di vita, il mio quid del vivere. Diversamente se la mia vita è votata agli obiettivi, a meno che i soldi non sia un mio obiettivo assoluto, la mancanza di essi rappresenta semplicemente la mosca da uccidere per riuscire a pensare in pace al resto.

Sul piano concreto?

Non cambia assolutamente nulla, a meno che io non riesca abitualmente a lavorare ai miei obiettivi anche avendo una noiosa mosca che mi vola intorno.

 

È naturamente metamorfico come però i soldi, quando mancano, si trasformino in qualsiasi mosca possa volare intorno e ti distolgano dal tuo obiettivo primario: si parla di casa? sono i soldi, di attrezzatura? sono i soldi. Di lavoro?  Sono i soldi. Di possibilità? Spesso sono i soldi.

I soldi come un diavolo a cui, prima o poi, l’anima bisogna vendere.

L’animabisognavendere_

I soldi opprimono l’Anima leggera e innalzano quella pesante.

 

MERCOLEDI’ 23 DICEMBRE 2020

Qual è lo scopo della vita?

 

Perché se lo scopo della vita in sé, indistintamente dall’individuo, dall’essere privo o meno di coscienza, fosse quello di far vivere ad ognuno la propria vita, far assaporare ad ognuno l’esperienza “vita”, allora si passerebbe automaticamente alla seconda domanda:  Qual è lo scopo di vivere la tua vita? Se lo scopo della vita in sé è quello di provare un’esperienza di vita, allora quale l’obbiettivo della vita di ognuno? 

Saggio chi sa accettare e raccogliere l’obbiettivo della vita in sé anche come suo obiettivo personale di vita: Vivere per nutrirsi dell’esperienza stessa della vita.

Ma molti a questo neanche ci pensano. La propria vita deve avere un grande obiettivo da raggiungere, per poterne gioire ed esserne felici. Vivere per l’esperienza pura potrebbe essere visto come un raggiungere l’obiettivo in ogni istante di vita, così come non raggiungerlo mai, fino a quando l’esperienza di vita non si sia conclusa. Conquistare il traguardo con la morte stessa, che porrebbe automaticamente fine al cammino necessario a raggiungere quella meta, rappresenterebbe davvero una vittoria?

 

Se questo non fosse il caso o meglio, se non si riuscisse a fissare come obiettivo personale di vita la vita stessa, accettandone qualsiasi mutamento da un ipotetico percorso che comunque non esisterebbe se non nel momento in cui viene calpestato, varrebbe forse la pena chiedersi se possa esistere un proprio scopo di vita, personale, individuale, intimo.

Da questo ne deriverebbe la possibilitò che ogni individuo possa avere il Suo obiettivo, magari diverso da quello di chiunque altro, magari condiviso, magari meno condivisibile, ma comunque il suo. Esso sarebbe conoscibile fin da subito da parte dell’individuo, nel momento stesso della sua nascita, oppure diventerebbe conoscenza da acquisire al termine di un vagabondaggio senza meta in cui le scelte sarebbero operate da un soffio di vento? 

 

Ci sono molti se e molti ma riguardo ad una questione sottile quanto pesante.
Conoscere il proprio scopo di vita renderebbe l’individuo consapevole di questa sua decisione? 

O la conoscenza di esso verrebbe acquisita come quella di una qualsiasi altra questione, per nulla legata alla finalità della propria esistenza, e il peso attribuitole non sarebbe né più né meno quello della scelta relativa al menu della propria cena? 

E ancora, lo scopo della vita di ognuno porterebbe come risultato del suo conseguimento quell’individuo alla Felicità? (leggasi forse con maggiore concretezza “Soddisfazione”, in qualsiasi campo di particolare interesse per l’individuo) E in caso affermativo, questa ipotetica Felicità acquisibile al raggiungimento del proprio Obiettivo, risulterebbe incredibilmente intensa e duratura fino alla fine della propria esistenza e magari oltre, oppure si potrebbe comparare a quella di una calda coperta su dei piedi freddi tolta prima che essi si possano scaldare? Oppure una qualsiasi combinazione dei due in termini di intensità e durata?

 

Da questi ulteriori punti irrisolti ne potrebbero derivare particolari riflessioni.

Ponendo che la conquista del proprio Obiettivo prometta un premio così tanto agognato, ci si troverebbe in dovere di una decisione insindacabile se non per gli altri, almeno per se stessi: capire quale sia questo scopo e non fare altro che perseguirlo, per, quantomeno, cercare di arrivarci il più vicini possibile.

E se ognuno avesse davvero in mente il suo unico scopo di vita, privato, personale, totalmente soggettivo, non sarebbe quindi inutile chiedersi perché quel tale, sì, proprio quello, stia sprecando il suo tempo a fissare quel muro, o perché quell’altro abbia già passato 3 anni della sua vita a compilare carte, o ancora, perché non siano tutti nei mari di un’isola incontaminata a godersi le bellezze di una natura senza precedenti? (nel caso fosse questo per noi, ammesso di conoscerlo e poterlo conoscere, il raggiungimento personale del nostro scopo nella vita)

 

La risposta sarebbe semplicemente Sì; ma un sì preceduto da così tante ipotetiche questioni potrebbe avere ancora una certa qual valenza di affermazione e sicurezza che porterebbe altrimenti con sé? Forse no, ed ecco comparire l’altra faccia del sì, quella del no e, su tutto il bordo della medaglia  quel “forse” che rappresenta tutto ciò che sta tra il sì e il no.

 

Tutto questo per dire che Bob spesso si ferma in mezzo alla strada, immobile sdraiato nel letto, in piedi davanti ad un monitor, seduto al tavolo mangiando, fissando una persona negli occhi, e pensa a come stia passando la sua vita.

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